lunedì 13 agosto 2012

La moda tra storia e curiosità

di Vittorio Polito. La moda? Secondo il poeta e scrittore francese André Suarès (1868-1948), è la più eccellente delle farse, quella in cui nessuno ride perché tutti vi recitano. La moda ha origini remote ed è un fenomeno sociale consistente nell’affermarsi in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale. Si fa risalire addirittura alla preistoria e pare che le prime vesti si somigliassero molto, ma quando si sviluppò, per motivi di razza e ambiente, un diverso senso di religiosità, anche l’aspetto del vestire si modificò.

Reperti rinvenuti in Mesopotamia testimoniano la ricchezza degli indumenti, la varietà dei tessuti, la fastosità degli ornamenti, mentre gli Egizi, grazie ad un artigianato espertissimo in filatura, tessitura e tintura del lino, furono all’avanguardia dell’eleganza. Successivamente cinesi, cretesi, greci, etruschi e romani si contesero il primato dell’arte.
In Europa la tendenza fu quella di creare costumi caratteristici popolari originali e gradevoli.

Nell’età contemporanea con lo sviluppo della praticità e dell’igiene, hanno contribuito ad offrire alla moda un dominio sempre più vasto e differente. Si passa, infatti, dai tessuti grigi e spessi degli anni quaranta, ai pastelli dei cinquanta, ai risalti geometrici dei sessanta, ai fiori dei settanta, alle spalle grosse degli ottanta e alla prevalenza del nero degli anni novanta e così via.

I primi a liberare le donne dal busto (corpetto in tessuto aderente o elastico, spesso armato di stecche, con cui si stringono i fianchi e l’addome), furono Mariano Fortuny (1838-1874) e Paul Poiret (1879-1944) e, mentre tra le pietre miliari della sartoria è doveroso ricordare Madeleine Vionnet (1876-1975), con i suoi irripetibili ritmi ed equilibrio dei drappeggi e degli sbiechi.


Ma le vere rivoluzioni concettuali furono quelle volute dalla stilista inglese Mary Quant (1934-), l’inventrice della minigonna, negli anni sessanta, periodo in cui si cercava di ridefinire una nuova morale. Le intuizioni di Coco Chanel (1883-1971), sono fondamentali per la storia della moda, poiché introdusse il concetto di bigiotteria, di gioiello come audacia estetica che riuniva insieme sogno e praticità.

Christian Dior propose il New Look, l’ottimismo estetico, con grandi quantità di tessuto, la vita stretta e il busto segnato: era terminato il tempo del dolore mentre sopraggiungeva il gusto di vivere, di colorare la quotidianità, insomma il senso di libertà ritrovata, il tutto enfatizzato dalle commedie americane.

Il pret-à-porter, nato negli anni sessanta, pone la moda di fronte al dilemma tra esclusività e diffusione. Ma in quegli anni è successo di tutto: la minigonna, la moda fumetto, l’arte pop, le geometrie di André Courrèges (1923-), Paco Rabanne (1934-), Pierre Cardin (1922-) e gli altri. In quegli anni si compiono i passi più importanti ed i materiali che utilizziamo oggi sono spesso le sintesi ultratecnologiche di elementi inventati allora.

Ecco affacciarsi negli anni ’70 il made in Italy con Walter Albini (1941-1983), Giorgio Armani (1934-), Krizia (Mariuccia Mandelli 1935-), Ottavio Missoni (1921-). Negli anni ’80 si arriva all’esasperazione del concetto di griffe e Gianni Versace (1946-1997), rappresenta autorevolmente il periodo. Nasce la bellezza plastica, il maschile ed il femminile si avvicinano (Basile e Armani). Romeo Gigli (1949-), toglie le spalline e ingentilisce la figura facendo tornare alla memoria gli anni venti.

Oggi, per esigenze di produzione industriale la moda diventa prodotto, cioè “abbigliamento” e non più “moda”. Si riscopre la libertà di fare a meno di tutto, si coltiva l’individualità. Ormai gli stilisti non impongono più, suggeriscono. Negli ultimi anni il mix di proposte non conosce confini: si va dal rètro al bricolage, dal tecno all’orientale. E per gli stilisti la sfida è ancora più stimolante. La donna riconosciuta nei suoi valori, non ha più bisogno di forme mascoline, rigide ed austere per imporsi: la lotta per dimostrare il proprio valore continua, ma il ruolo conquistato consente il riconoscimento di una genuina e prorompente femminilità.

E per finire qualche pensiero sulla moda. Secondo il filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976), «…la logica della moda vuole che l’abito sia la veste del momento in attesa del prossimo», mentre per Mary Quant, stilista inglese, «Un tempo la moda la facevano i ricchi e i detentori del potere. Gli altri si adeguavano. Adesso la moda la fanno le ragazzine e le duchesse la copiano».

Ed io mi pongo una domanda: chissà quante foglie di fico avrà provato Eva prima di dire: scelgo questa, anche perché la foglia scelta avrà avuto pure una forma graziosa ed utile allo scopo, ma sempre così uguale… una noia.