venerdì 26 giugno 2020

“Toscana. L’atelier della bestemmia”, il primo volume della collana “Dispacci Italiani. Viaggi d’amore in un Paese di pazzi”, curata dal giornalista e scrittore Davide Grittani


Les Flâneurs Edizioni presenta “Toscana. L’atelier della bestemmia”, il primo volume della collana “Dispacci Italiani. Viaggi d’amore in un Paese di pazzi”, curata dal giornalista e scrittore Davide Grittani. Un’indagine semiseria e decisamente ribelle nei territori letterari meno battuti dall’editoria contemporanea, condotta attraverso le voci di sette scrittori, tra autori affermati ed esordienti, che serviranno a mescolare co¬raggio, pudore e sentimento di que¬sto originale Giro d’Italia.

Toscana. L’atelier della bestemmia è il primo volume della collana Dispacci Italiani. Viaggi d’amore in un Paese di pazzi, diretta da Davide Grittani. Un’interessante opera corredata da numerose fotografie, una panoramica incollata pezzo dopo pezzo, mescolata sen¬za la fatica di chi deve tenere insieme cose troppo distanti tra loro, poiché tra le righe di questi racconti si nasconde il più ammirevole dei peccati toscani.

L’assenza di rispetto nei confronti della paura. Sette sono gli autori che in questa originale opera si cimentano in esercizi di memoria, in racconti di fantasia o saldamente legati alla Storia, in omaggi commossi o amari: Sergio Nelli (tra le sue opere si segnalano Orbite clandestine, Einaudi 2011 e Albedo, Castelvecchi 2017), scrittore di stra¬ordinaria intensità, ritenuto un riferimento per stile, co¬raggio e credibilità letteraria; Emiliano Gucci (tra le sue opere si segnalano Voi due senza di me, Feltrinelli 2017 e Le anime gemelle, Feltrinelli 2020), le cui sto¬rie possiedono un’impronta così riconoscibile da essere diventato uno dei narratori più apprezzati soprattutto per l’originalità; Marco Vichi, scrittore tra i più letti e amati del panorama letterario nazionale (suoi i fortunati libri pubblicati da Guanda con protagonista il commissario Bordelli); Veronica Galletta (si ricorda il romanzo Le isole di Norman, Italo Svevo 2020, finalista al premio Calvino e vincitore del premio Campiello Opera Prima 2020), tra le voci femminili più singolari della nuova narrativa.



Completano il volume Roberto Masi, saggista e scrittore col debole per l’arte contemporanea (classificato terzo al premio Nabokov 2019 con il saggio Eccitare l’abisso, Homo Scrivens 2020); Massi¬mo Campigli, autore del romanzo Ogni dì, vien sera (Eretica, 2016) e Ilaria Giannini, giornalista esperta nella narrazione dei luoghi e dei “non luoghi” della Toscana e autrice del romanzo Facciamo finta che sia per sempre (Intermezzi, 2009). Nelle storie di ciascuno di loro c’è una Toscana che luccica da sobria, una terra maledetta ma anche ingenua: da Uomini e scarpe di Sergio Nelli, impregnata di memoria e nostalgia, dove compare una Fucecchio “fucina di umanità nonché cruciale punto d’osservazione sulle cose” a Rane sul margine della Diva di Roberto Masi,  dove si presentano ancora una volta le memorie della periferia fiorentina e si riflette sulla gioventù e sul diventare adulti: “E in questo futuro annunciato, ambìto come affrancamento da un’esistenza fatta di aspettative disattese, la vita s’incarogniva nel passato che ostacolava la percezione del presente, di vivere l’attimo e sentirlo come poi sarebbe avvenuto con lo sfiorire degli anni migliori”; dall’intenso e complesso racconto lungo Cieli della nostra infanzia di Emiliano Gucci a Segni precursori del tempo di Veronica Galletta, che parla del lungomare di Livorno e del burrascoso libeccio: “Forse è questo, ho pensato. Così vivono tutti i sopravvissuti di questa terra, così vivo anche io, che le torri faro le ho viste cadere per anni, a ogni libecciata troppo intensa, ogni volta che qualcosa andava storto nella mia giornata”; dall’interessante reportage Dalla sinagoga alla moschea. Un pellegrino a Firenze di Marco Vichi, una riflessione sul dialogo interreligioso, a Polvere di Massimo Campigli, dove protagonista è la preziosa acqua, fino a La grande riesumazione del quarantacinque di Ilaria Giannini, un racconto di dolore ai tempi della seconda guerra mondiale.

TRAMA. La memoria di una vita riflessa nella scatola dei fiammiferi; la corsa dietro le rane come fossero fantasmi dell’infanzia; il tragitto dal paese alla città, nella speranza di trovarci avventure, imprese e magari l’amore; le braccia del vento che s’infilano nei vicoli di Livorno, schiaffeggiando chi credeva di essere al sicuro; i cunicoli di un acquedotto diventano vasi sanguigni, in cui scorrono millenni di acqua e menzogne; le religioni di una Firenze impossibile da riconoscere, lontana dagli smartphone e dalla felicità in saldo; la riesumazione di due cadaveri sull´Abetone, dove il freddo congela soprattutto le vergogne della guerra. C’è di tutto nel primo volume di Dispacci Italiani, un viaggio nell’umiltà prima ancora che un progetto editoriale. Ma perché siamo partiti proprio dalla Toscana? Intanto perché i Toscani scrivono bene, bevono e fumano anche meglio. E poi perché dalla loro immagine sbiadita, da quel caratteraccio e da quella ossessione verso la vita, non traspare un aspetto indispensabile alla Scrittura: la capacità di mendicare la memoria, di supplicarla senza pudore.

Davide Grittani (Foggia, 1970) è un giornalista e scrittore. Dal 2006 al 2016 ha allestito in tutto il mondo la prima mostra della letteratura italiana tra¬dotta all’estero denominata “Written in Italy”, esposta in 26 Paesi di 5 Continenti. Il suo ul¬timo romanzo, “La rampicante” (Liberaria, 2018), è stato inserito nella lista dei migliori libri del 2018 dall’inserto la Lettura (Corriere della Sera), è stato candidato al premio Strega e si è aggiudicato i premi Nabokov Cattolica, Zinga¬relli, Etna Book e Giovane Holden. L’autore cura la collana di reportage narrativi “Dispacci Italiani. Viaggi d’amore in un paese di pazzi” (Les Flâneurs Edizioni, 2020) ed è inoltre editorialista del Corriere del Mezzogiorno.