mercoledì 26 dicembre 2018

Faccia a faccia con Antonello Loreto, autore abruzzese del romanzo 'Regina Blues'


Regina Blues di Antonello Loreto è il racconto di una morte e di una rinascita, e un omaggio alla resistenza degli esseri umani. Ed è anche una raccolta di storie d’amore, di tutte le forme d’amore che si possono provare, non ultimo il sentimento che lega la voce narrante, Syd, alla sua città, Regina, dipinta da Loreto con sensibilità e accuratezza.

Regina: una città di provincia che sa parlare ai cittadini, che sa restituire tutto il loro amore, ma che sarà anche teatro della fine dei loro sogni e delle loro speranze. Tanto particolareggiata è la descrizione della città che il lettore sembra avvertire il caldo opprimente che la soffoca, e che preannuncia la catastrofe imminente. Ma Regina Blues parla anche di un’altra storia d’amore: quella dello scrittore con i suoi personaggi. Abbiamo incontrato lo scrittore per farci raccontare della sua ultima fatica letteraria.

Un elemento fondamentale di Regina Blues, come in altri tuoi romanzi, è la musica. Come nasce questa esigenza e perché. Per due motivi fondamentali: il primo è che quando scrivo ho sempre musica in sottofondo perché aiuta la mia concentrazione. Allora può accadere che il brano ascoltato in un determinato momento ispiri una “scena”. Il secondo, che è una conseguenza, è relativo alla mia “tecnica” narrativa, molto legata alla sceneggiatura di un film. Così, quando descrivo un’azione o una situazione, la immagino come farebbe un regista: faccio parlare i protagonisti, monto le azioni, illumino la scena, e la accompagno con una colonna sonora.

Raccontaci del tuo incontro con la letteratura e di quali sono state le principali letture che ti hanno formato come autore. Mi piace ricordare che fin da giovane ho vissuto a “pane e libri”. Mio padre è un accanito lettore ed ho sempre vissuto in case piene di libri. Allora, metabolizzi tante storie, molti personaggi della letteratura diventano tuoi amici e cresci insieme a loro. Credo sia impossibile rispondere sulla seconda parte della domanda perché mi ritengo un “onnivoro”. Spazio tuttora tra classici che ancora non ho mai letto, o da rileggere (la letteratura russa del secolo scorso, in particolare), e la letteratura contemporanea, con uno sguardo attento a quella anglosassone che trovo attualmente la più attraente.

Stavo notando che in Regina Blues ci sono tantissimi personaggi. Come si costruisce una storia del genere? E’ stato un processo naturale o hai dovuto attraversare diverse fasi di lavoro? Mi sono divertito a complicarmi la vita. Si tratta di ventidue micro-racconti di giovani vite che si svolgono nel corso di una domenica mattina particolare. Queste storie si “incontrano” nel pomeriggio della stessa domenica, per poi raccontarne gli esiti e i destini a molti anni di distanza. Quindi è stato un lavoro molto delicato, sia per la costruzione dei numerosi profili che per i tempi e gli spostamenti di tutti i protagonisti che vivono a Regina. Ho dovuto ricostruire la città su un mega poster in studio, colorare i percorsi dei ragazzi per evitare di sbagliare tempi e luoghi, insomma un lavoro complesso ma in realtà anche molto divertente.

La resistenza dell’essere umano, la ricerca di un innato ottimismo, la vita che continua oltre la morte e si sublima nella storia oltre che nelle consuetudine, nulla si perde. Qual è il messaggio centrale che esprimi? Mi fa molto piacere che parli di ottimismo. Perché Regina Blues lo considero un vero e proprio inno all’ottimismo. Ovviamente, nel racconto di un “dramma” sarebbe impensabile che possano salvarsi tutti, ma ho tentato di porre un accento particolare alla “resurrezione” di una città e della comunità che la vive. Il mio vuole essere un tributo alla rinascita, e un piccolo contributo alla ricostruzione morale di una comunità duramente colpita, che passa non soltanto attraverso la rimozione delle macerie materiali ma anche attraverso una rinascita morale e culturale.

Hai molte presentazioni del tuo romanzo sparse in giro per l’Italia. Vuoi ricordarci dove presenterai Regina Blues? 
Comincio il 27 ottobre a Pescara, presso la libreria Citylights, sia per un motivo scaramantico (da lì sono partiti anche i tour precedenti dei precedenti romanzi), sia perché nei tre anni di gestazione del libro è stata un “laboratorio” ed un punto di riferimento. Poi sarò a L’Aquila, Roma, Giulianova e Milano a novembre, a Catania, Reggio Calabria, Villanova, Montesilvano e Francavilla al Mare in dicembre, a Chieti, Palestrina, Udine, Torino, ancora L’Aquila, Lecce ed altre ancora nei primi mesi del 2019.

Ti piace partecipare agli eventi? Credi che sia una parte fondamentale del lavoro dello scrittore? 
Mi diverto moltissimo. All’inizio, qualche anno fa, credevo che non ne sarei stato capace, in virtù di un carattere per alcuni tratti estroverso ma in realtà assai timido e riservato. Poi ho realizzato che il confronto con chi ti legge e partecipa alle storie che condividi, merita affetto e rispetto. Per cui oggi vado volentieri in giro per promozione dove e quando mi invitano.

Facciamo un piccolo passo indietro. Raccontaci del tuo esordio “La favola di Syd”. Che tipo di romanzo è rispetto a Regina Blues e che tipo di evoluzione hai avuto come scrittore in questi anni? Se mi volto indietro, la favola è il passo fondamentale della mia vita recente. Voleva essere un tentativo di affrancarmi da un’esistenza quotidiana che non era più la mia, o che forse non lo è mai stata. Si è trattato di buttare giù di getto una storia che avevo da tempo in pancia, con l’esigenza altrettanto urgente di pubblicarla per dire al mondo “guarda, che io sono questo.” Ad anni di distanza, quando mi capita di parlarne in pubblico o di rileggere qualcosa, mi accorgo di come sia “cresciuto”, a prescindere dal fatto che il libro piaccia o meno più di un altro. Me lo coccolo, come si fa con le cose preziose seppure “artigianali”, perché un tentativo giocoso ed auto-pubblicato si è rivelato un turning-point, che mi permette oggi di svolgere professionalmente il “mestiere” di scrittore.

Stai scrivendo altro?
Sì, ma è ancora troppo embrionale, ed e’ troppo presto per parlarne. Si tratta di una storia molto diversa da Regina Blues ed e’ un ritorno alle origini. La verità è che ho scritto tre romanzi in neanche cinque anni, e quest’ultimo mi ha letteralmente “prosciugato” perché è stata una prova molto difficile dal punto di vista emotivo. Quindi ora voglio concentrarmi per bene su Regina Blues ed ogni tanto butto un occhio divertito alla nuova storia, prendo appunti, scrivo qualcosa e la lascio lì a fermentare. Credo che mi divertirò molto a scriverla, ma ripeto, per adesso ci stiamo soltanto “corteggiando”.

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